Buggy

La dune buggy è un tipo di automobile destinata alla marcia sulla sabbia. Sebbene la moda ed il suo aspetto sbarazzino ne abbiano decretato il successo oltre le dune, la dune buggy rimane comunque un’auto prettamente adatta al divertimento estivo.

Generalmente le dune buggy sono il risultato della trasformazione di una Volkswagen Maggiolino usata, della quale conservano il telaio modificato e tutta la meccanica. La dune buggy è icona degli anni sessanta e settanta.

La storia delle dune buggy nasce praticamente con quella dell’automobile stessa, ed è un fenomeno che fino ad un certo punto della sua evoluzione rimane tipicamente americano.

Già negli anni venti e trenta, infatti, i giovani che vivevano sulle coste statunitensi erano soliti mischiare pezzi di motocoltivatrici e rottami di vecchie Ford T per esplorare le zone sabbiose. Il segreto per galleggiare sulla sabbia erano le ruote larghe ed i primi esemplari erano equipaggiati di grossi tini di legno al posto delle gomme. Con l’andare del tempo l’affinarsi delle automobili creò una offerta di rottami sempre più potenti da cui attingere e le dune buggy mutarono forma diventando negli anni ’50 e ’60 dei telai automobilistici modificati e privi di carrozzeria, dotati di potentissimi motori 8 cilindri.

Arrivarono poi in America le Volkswagen Maggiolino, importate in gran numero. Qualcuno per caso si accorse che la motricità e la leggerezza di queste vetture erano favorevoli alla marcia sulla sabbia. Creare una dune buggy partendo da un maggiolino era molto facile: bastava buttare via la carrozzeria e viaggiare solo con il telaio, munito di enormi pneumatici a bassa pressione.

L’economia dell’operazione rese il fenomeno dune buggy ancora più popolare, sebbene questo rimanesse un fatto sostanzialmente “di nicchia”: questi ibridi fatti per saltare sulle dune rimanevano infatti nelle dune. La loro essenza di trabiccoli messi insieme nel granaio e privi di qualsiasi velleità estetica e modaiola li confinava a rimanere nelle mani di un pubblico di smanettoni del weekend.

Venne poi Bruce Meyers, e tutto cambiò. Beach boy dapprima e designer di scafi in vetroresina poi, Meyers si mise in testa di dare una carrozzeria ai rozzi telai che venivano usati per saltare sulle dune. Ci riuscì talmente bene che la sua “Manx” nel 1964 creò nell’immaginario collettivo l’idea di dune buggy come tutti la conosciamo oggi: motore scoperto, gomme larghe e fari esterni, fiancate ad onda, niente porte né cofani.

Anche approfittando del momento storico della contestazione di fine anni sessanta, in un certo modo propizio alla diffusione di un'”antimacchina” come la Manx, di fatto la moda esplose e in breve tempo diversi costruttori copiarono l’idea di Meyers, proponendo principalmente dei kit di montaggio per modificare dei maggiolini a fine carriera.

Alla fine degli anni sessanta le dune buggy circolanti negli Stati Uniti erano più di 20.000, e i primi esemplari cominciavano ad essere esportati nel vecchio continente, guadagnando un rapido consenso.

Anche in Europa, considerata la semplicità costruttiva e la facilità di reperire le meccaniche Volkswagen, i costruttori di queste vetture in scatola di montaggio si diffusero, particolarmente in Inghilterra e in Italia.

Le “dune buggy”, nei primi anni settanta, soppiantarono rapidamente le locali “spiaggine” e divennero un fenomeno di gran moda che si spense sul finire del decennio.

Nel 2004 uno dei 30000 esemplari è stato protagonista dell’ultimo episodio della seconda stagione della serie di Affari a quattro ruote.